LA PASSIONE DI GIOVANNA D’ARCO

Regia: Carl Theodore Dreyer
Produzione: Francia, 1927 – 97’
visto su: Il Cinema Ritrovato – fuori sala

Molto più di un classico. Un film muto del 1927, uno di quelli che insegnano il Cinema e che fanno parte del bagaglio minimo di qualsiasi studioso.
Letteralmente un film da manuale, e io sarei matto a provare a farne una recensione, mi limito perciò a linkare in fondo una delle più recenti e a indicare cosa mi è piaciuto e perché vorrei consigliarlo nonostante il suo quasi secolo di vita.
Innanzitutto in questi giorni, fino al 20 marzo, è disponibile sulla piattaforma della Cineteca di Bologna la stupenda versione restaurata nel 2015 da Gaumont, che offre immagini di impressionante bellezza, capaci di restituire nuovamente e intatta tutta la potenza con cui il danese Dreyer deve aver travolto gli spettatori del 1928.
Precede la proiezione una bella presentazione di Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca, che oltre a un toccante ricordo personale, racconta alcuni aneddoti sul regista e sulle traversie che le copie fisiche hanno subito nel tempo e che ne accrescono l’aura drammatica.
Non che ce ne fosse per forza bisogno, vista l’intensità con cui viene messo in scena l’ultimo giorno di vita di Giovanna D’Arco, della quale non si dice praticamente nulla, preferendo impostare il racconto come un asciutto resoconto tratto dagli atti del processo di Rouen.
Tra le righe si capisce che la ragazza, diciannovenne, è giudicata in terra francese da un clero controllato dagli inglesi, ma del contesto, cioè della Guerra dei cent’anni, delle imprese di Giovanna e del riscatto con cui gli inglesi ne assumono la custodia, non viene detto nulla.
Quella che si vede è una ragazza in catene torchiata da un’assemblea di vecchi e pingui ecclesiastici, che con domande maliziose e infide le contestano in particolare un rapporto con Dio giudicato troppo personale e libero rispetto ai canoni religiosi e urbani.
Non va bene che abbia ricevuto una formazione non conforme, non va bene che dubiti dell’infallibilità del clero, e sembra soprattutto non andare bene che insista a vestire abiti maschili e a non stare al suo posto.
Quello che Dreyer mostra non è il processo a un leader militare o a un pericoloso sovversivo, ma la reazione di una comunità chiusa e dogmatica alla comparsa di un corpo estraneo, come può essere un elemento che si opponga all’assimilazione.  
Non riuscendo a spuntarla sul piano della logica, gli anziani provano dapprima a incutere soggezione con prepotenza, poi passano all’inganno, falsificando una lettera del re di Francia per insinuarsi nelle difese della giovane, ovviamente analfabeta.
All’aumentare delle scorrettezze, il tribunale comincia a perdere pezzi, tuttavia le voci stonate, sdegnate dalla sfacciata ingiustizia, vengono presto silenziate, e Giovanna, fiaccata nel corpo e nello spirito, è spinta all’abiura per salvare la vita.
Ma nemmeno rinnegando sé stessa e la sua fede appassionata la ragazza potrà riavere la sua libertà, poiché per il clamore del processo rappresenta per l’ordine costituito un affronto da castigare in tutti i modi.
Con un’ultima prova di fede, Giovanna si ribella al raggiro, sconfessa l’atto di abiura e affronta il martirio sul rogo.
Tutto questo viene filmato usando quasi esclusivamente primi piani, una tecnica che il restauro e la digitalizzazione permettono di apprezzare nei minimi dettagli, entrando nei volti scavati e truci dei giudici e soprattutto nell’intensissimo e sconvolgente sguardo di Renée Falconetti nel ruolo di Giovanna D’Arco.
Si sprecano le leggende sulle dure pretese del regista durante la lavorazione, molte testimonianze assicurano che per estrarre dal volto della protagonista l’infinta gamma di dolore e terrore che andava cercando, all’attrice furono richiesti dolorosi sacrifici fisici e mentali.
Quello che sembra certo è che il trucco fu ridotto al minimo, quando non proprio abolito, e che oltre allo sbrigativo taglio dei capelli, la Falconetti abbia davvero subito il salasso che viene mostrato nel film.
Il risultato è un volto estatico, che guarda oltre le minacce dei propri aguzzini, verso una fede certa, ma distante una pena tremenda.
Giovanna piange e prega, in contatto con le sue voci e le sue visioni, mentre le facce degli inquisitori esprimono l’alterigia e il sadico esercizio del potere.
Dietro di loro una scenografia scarna disegna geometrie minime e sospinge di nuovo l’occhio sui volti e sugli sguardi da cui non si sfugge.
La Passione di Giovanna D’Arco rimane, a più di novant’anni dalla prima proiezione, una denuncia vibrante, un’esperienza incisiva, qualcosa da ricordare.  

Qui il link per la versione della Cineteca di Bologna:
https://www.mymovies.it/ondemand/cinema-ritrovato/movie/5320-la-passione-di-giovanna-d-arco/

Qui una recensione vera:

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