NEMICO PUBBLICO

Regia: Tony Scott
Produzione: USA, 1998 – 132’
visto su: dvd

Sono arrivato a Nemico Pubblico direttamente da La Conversazione, perché da qualche parte avevo letto che poteva essere considerato una specie di seguito.
In realtà la continuità tra i due titoli si limita a un paio di citazioni piuttosto esplicite, poiché si tratta in definitiva di due film molto molto diversi. Mentre il primo intercetta la sua epoca cogliendo sul nascere un’inquietudine strisciante, il secondo, arrivato alla fine di un secolo in cui l’occidente faticava a vedere altri nemici, si rivolge a un pubblico principalmente devoto all’action e a un intrattenimento più fine a se stesso.
Succedono molte cose e molto velocemente nel film di Tony Scott, e il ritmo e la tensione che nascono dal tentativo di sopravvivere a un nemico dalle risorse illimitate non lasciano il tempo di soppesare i temi controversi che vengono accennati.
L’avvocato del governo Robert Dean viene coinvolto a sua insaputa in uno spregiudicato complotto teso a promuovere una legge molto simile a quella che sarebbe poi diventata il Patriot Act: libertà alla NSA di intercettare e perseguire qualsiasi cittadino sospettato di essere una minaccia per lo Stato. Ne segue una caccia all’uomo durante la quale Dean verrà affiancato da Edward Lyle, un ex governativo esperto di intercettazioni che da una ventina d’anni vive in clandestinità all’interno di una gabbia di Faraday. Questi, evidente reincarnazione, giusto un po’ più loquace, dell’Harry Caul Coppoliano aprirà gli occhi all’avvocato e allo spettatore su quanto la privacy dei comuni cittadini sia compromessa dallo strapotere che la tecnologia offre a organizzazioni con pochi scrupoli.
Il cadine del film, ciò che lo distingue da altri thriller dall’impianto simile, è infatti l’accento sulle intercettazioni, sulle ricostruzioni virtuali, sulla scia che le tracce digitali lasciano dietro a ogni gesto e a ogni azione.
A differenza del film del 1974, dove l’eroe e lo spettatore affrontavano un pericolo di cui erano entrambi all’oscuro, in questo caso il pubblico viene messo da subito a parte di quale sia il nemico e di che potenza di fuoco disponga. Si crea allora una condizione che limita di molto l’empatia e sposta il peso della relazione tra spettatore e personaggio nella direzione di “fare il tifo per” invece di condividerne gli stati d’animo e soffermarsi sulle questioni morali che la storia vorrebbe porre.
Questa sensazione di fiato corto, che non lascia spazio a temi più profondi fa sì che il film invecchi peggio del modello a cui si rifà, perché l’attenzione si concentra su aspetti tecnologici che oggi appaiono naif, e su una dinamica “scappa & spera” che spesso pare fuggire più che altro da una sceneggiatura deboluccia. Stonano certi dialoghi affettati, e non si capisce davvero perché alcuni personaggi vengano sacrificati in modo brutale mentre per l’eroe il nemico scelga sempre la strategia più tortuosa.
Tutti aspetti di scrittura che visti oggi marcano distanze che si fanno sentire, ma che comunque non affossano un prodotto sufficientemente solido che si sostiene su un ritmo alto e su un cast all’altezza delle aspettative. Sebbene Will Smith nella parte dell’avvocato Dean risulti per prestanza fisica e battuta pronta sempre troppo a suo agio in qualsiasi situazione, viene affiancato da una squadra di attori che alzano il livello: Gene Hackman, John Voight, Lisa Bonet, Regina King, Jack Black, Gabriel Byrne e Tom Sizemore offrono i propri talenti per una galleria di personaggi non proprio tridimensionali ma perlomeno funzionali e – quasi sempre – credibili (ecco magari i mafiosi proprio no).
Tornando al paragone iniziale, quindi, se La Conversazione è un film pessimista, con un finale oscuro e carico dello spirito del suo tempo, Nemico Pubblico adopera con rigore il bilancino per stemperare accuratamente ogni inquietudine che possa eccedere i limiti di un intrattenimento decoroso ma anche innocuo.

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