1 Febbraio 2019
Regia: Adam McKay
Produzione: USA, Gran Bretagna, Spagna, Emirati Arabi Uniti, 2018 – 132’
Si comincia nel millenovecentosessantatre.
Si comincia lundicisettembreduemilauno.
Si comincia con un giovane ubriaco di ritorno da una festa.
Si comincia con un vicepresidente che comanda le operazioni nel giorno più brutto degli USA.
Attorno a questi due poli si racconta l’ascesa politica di Dick Cheney, dipinto come il più influente e losco dei vicepresidenti americani.
Adam McKay è un regista così così che nel 2015 era piaciuto un po’ a tutti con La Grande Scommessa, un film di spiegoni con un cast della madonna, che si addentrava con verve nelle origini della grande crisi del 2008, quel sistema drogato di mutui subprime e titoli tossici finito con lo sfascio degli equilibri finanziari mondiali.
Visto che gli è andata bene una volta, oggi riprova la stessa ricetta, ma stavolta non tutto va come dovrebbe.
Ai confermati Christian Bale e Steve Carell, si affiancano pezzi da novanta come Amy Adams, Sam Rockwell e Naomi Watts, ed è solo la straripante bravura di tutti i suoi attori a permettere al film di restare fino alla fine in bilico tra il dramma e la farsa.
Puntando a un certo stile arrembante e beffardo, il regista tratteggia Cheney come una malvagia eminenza grigia che attraversa cinquant’anni di Storia americana indirizzandola in qualche modo alla deriva turbocapitalista. Affiancato dall’ambiziosa e risoluta moglie, Cheney scala le posizioni di potere nascondendosi dietro a un profilo da outsider, mentre insieme disegnano una rete di aderenze e di ricchi interessi: dall’occupazione dei mass media allo strapotere delle lobby, dalle ingerenze sul Congresso alle contiguità interne alla Corte Suprema; come dei Macbeth in tono minore, ogni ostacolo può essere scavalcato o abbattuto per raggiungere l’autorità suprema, quella che può decidere dove e quando scatenare una guerra e l’infinito flusso di denaro che ne consegue.
Nella trattazione si rintracciano alcuni chiari riferimenti ideologici e politici, come Noam Chomsky, Micheal Moore o Errol Morris, dei quali McKay vorrebbe seguire il solco senza abbracciarne però la profondità, preferendo aggirare le complessità con spiegazioni sbrigative e tagliando un po’ tutto con l’accetta. L’esposizione procede a tappe forzate, con la cadenza classica delle profezie che si auto avverano, ma in realtà influenzata pesantemente dal senno di poi, e oltretutto lascia piuttosto spesso sulla strada alcune brutte buche scavate da una sgradevole mancanza di sensibilità. In mancanza di una base robusta, la costruzione di Vice risulta debole perché non è mai chiaro quanto il regista ci sia o ci faccia: se si senta davvero fratello dei suoi riferimenti o se invece non stia solo rubando loro le sfumature di intrigo e le dietrologie che gli servono per insaporire il piatto.
In questo equivoco non si può dire, ad esempio, se nell’ampio spettro pop con cui incalza lo spettatore e nell’insistita volgarità di certi personaggi, il film stia cercando un qualche livello di grottesco o se invece non stia semplicemente rovistando nella spazzatura. La narrazione è mediata da un personaggio che dialoga attraverso la quarta parete, riprendendo un po’ lo stile di House of Cards, ma pompando gli aspetti sopra le righe e trattando il pubblico come un bambino da stupire continuamente.
Perciò alla fine il tono generale risulta più sbruffone che beffardo, e il segno dissacrante tanto inseguito si rivela spuntato e anche deleterio, poiché accentrando su Dick Cheney la responsabilità di ogni male, si finisce per elevarlo su un piedistallo che non gli compete, attribuendogli “meriti” non suoi e un’aura diabolica senz’altro più affascinante della semplice ingordigia del porco.
In un contesto del genere appaiono perfino sprecate le generose prove degli attori, in particolare di Christian Bale, immenso sotto tutto quel trucco&parrucco a conferire intensità e prontezza di pensiero al suo protagonista paffuto e goffo.
Sarebbe proprio da premio Oscar, ma molto dipenderà da come verrà accolto il film nel suo complesso.