Lontano da qui

13 Dicembre 2018
Regia: Sara Colangelo
Produzione: Usa, 2018 – 96’

Lisa Spinelli è una maestrina insoddisfatta di quarant’anni. Middle class, di orientamento progressista, maliziosa come solo Maggie Gyllenhaal, insieme al marito orsetto han tirato su due figli che adesso stanno lasciando il nido. 
A Lisa c’è sempre qualcosa che non va giù, che non l’accontenta, ha il cuore pieno di begli ideali abbandonati per strada, riscatti mai compiuti e aspirazioni lontane. Il suo parlare esprime sempre un giudizio salato, che sa di insoddisfazione: si poteva fare di più, si doveva fare meglio.
Lontano da qui è proprio il posto dove vorrebbe stare. 
Un giorno è colpita dalla poesia estemporanea di un suo alunno di cinque anni, che si chiama Jimmy e a cui ogni tanto capita di cadere in una specie di trance dove trova formule poetiche semplici ma incisive, un repertorio certo ristretto, ma decisamente inconsueto e brillante per la sua età. 
Incuriosita, cerca conferme alle sue impressioni presentando questi versi a un corso di scrittura che frequenta forse con più passione che talento. L’entusiasmo che raccoglie la convince a farsi carico di tutelare il “piccolo Mozart” sottraendolo a un ambiente familiare che ne trascura le doti.
Il suo trasporto tradisce da subito una sproporzione nello strano rapporto che si crea. 
La vicinanza che la maestra stringe verso il bambino non lascia tranquilli, e sebbene Lisa non faccia davvero nulla di male, di fatto ogni sua azione suona stonata, sbagliata, inopportuna. 
La regista Sara Colangelo (nata italiana, ma fortunatamente per lei, altro cervello in fuga) riprende un plot israeliano affondando la lama tra i dilemmi di un’anima radical chic e le contraddizioni di questi tempi liquidi. 
La sua protagonista si sente in aperta ostilità con un mondo rozzo e ottuso e crede in valori alti e incrollabili che ritiene universali. Vede le cose giuste ma però le pesa male, e mentre punta tutto sulla promessa di un appagamento teorico, non si accorge di quanto la sua strada l’allontani da un altro tipo di felicità, più terrena, quotidiana, reale. 
Colangelo rende alla grande le ambiguità di temi inafferrabili, su cui c’è poco da cercare risposte certe. Il suo film non ha praticamente niente del thriller, ma in certi punti mette quasi paura: sono quei punti in cui si affacciano tentazioni che chiamano lo spettatore a chiedersi quale scelta sia giusta e quale sbagliata. 
L’utopia liberal si accende di una luce quasi patetica: la coppia che beve dai bicchieroni, i bei discorsi e gli scheletri nell’armadio sembrerebbero prestare il fianco alla vulgata maggioritaria che bullizza la cultura e confonde l’assenza d’odio col buonismo. Ma l’altra faccia della medaglia, quella reazionaria e conservatrice, che la regista non percorre ma lascia intravedere,appare ancor più misera e sconfortante. 
Lontano da qui è un film completamente riuscito, che stimola domande difficili e lascia lo spettatore a riflettere sulle proprie convinzioni. Con un’unica raccomandazione: se ti scappa una poesia, falla.

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