Santiago, Italia

09 Dicembre 2018
Regia: Nanni Moretti
Produzione: Italia, 2018 – 80’

Nel corso delle presentazioni in giro per l’Italia, Nanni Moretti ci tiene a dire che per questo suo ultimo lavoro ha preferito posticipare le riprese del prossimo film. Durante un viaggio a Santiago nato un po’ per caso, l’incontro con un diplomatico ha risvegliato memorie che il regista romano racconta in un documentario breve (ottanta minuti), molto classico, fatto di interviste e repertorio, sviluppato in tre parti: il contesto, l’evento, le reazioni.
Il contesto è il Cile di Salvador Allende dal 1970 al 1973, l’evento è il golpe Pinochet del 11 Settembre 1973, le reazioni sono soprattutto quelle viste e vissute dall’Italia, attraverso la sua ambasciata a Santiago e la solidarietà con cui vennero accolti i fuggiaschi cileni durante tutti gli anni ‘settanta.
Con stile asciutto, solo apparentemente snob, Moretti si prende un metro di distanza dai fatti per poter filtrare lo spettro di suggestioni generate da temi ampi e insieme profondi, epici e crudeli.
Nessuna morbosità, nessuna enfasi, nessun gioco di chiaroscuri o visi mascherati. Nessuna atmosfera mortifera.
Invece una bella fotografia, spaziosa e soleggiata, finestre aperte, facce serene nonostante l’inferno passato, i compagni morti, le torture e l’impunità dei carnefici.
Gli intervistati commentano i filmati di repertorio testimoniando l’entusiasmo dei primi giorni e lo smarrimento di fronte alle sproporzionate resistenze di un sistema economico globale che pur di soffocare ogni deviazione non esitò a forzare un esercito a bombardare il proprio governo e scatenare una repressione sanguinosa quanto ingiustificata.  
Schivando i pietismi facili che portano spesso a risposte effimere, ad arrivare sono solo le emozioni più forti, che si agitano subito dietro lo schermo come fantasmi in pena, trattenute con mitezza da chi ha saputo pagare il prezzo per restare dalla parte giusta.
Allora quando in mezzo a una frase gli occhi cominciano a luccicare e la voce a spezzarsi, si trattiene il fiato tutti insieme, per rispetto, per paura. E vien da mordersi un po’ le labbra a riguardare le manifestazioni e le adunate di piena partecipazione con cui si seguivano eventi dell’altra parte del mondo, e la rete di assistenza messa in campo da quell’Italia; un paese più attivo, più coinvolto, che qualcuno – a torto – preferirebbe pensare più ingenuo di quello di oggi, dissolto in una comunità disgregata e paranoica, disinteressata e cattiva.
Chiaro come l’urgenza di Moretti vada nella direzione di questo confronto, col proposito di pungere l’orgoglio di chi ricorda e mostrare a chi non c’era che è esistito un tempo diverso, in cui con “popolo” si voleva dire “tutti insieme” e non una scusa per badare ognuno ai fatti suoi.

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