7 maggio
Di là dal Giappone c’è un’isola di spazzatura dove il sindaco di Megasaki confina tutti i cani della città, accusati di essere cattivi e di portare malattie. Ripetendo un’antica profezia, un ragazzino (figlio adottivo del sindaco), si butta alla ricerca del suo cane Spots. Sull’isola incontrerà una banda di cani Alpha che lo accompagneranno, mentre le sue gesta saranno seguite dagli abitanti di Megasaki, divisi in diverse fazioni pro e contro i cani.
Sebbene si tratti indubbiamente di un film realizzato in stop-motion, non è tutto pongo quello che luccica, e Wes Anderson non disdegna gli effetti digitali per arricchire il suo strepitoso can can, in cui il massimo godimento si trae dall’abbandonarsi a cuor leggero alla visione, perdendosi in un mondo di pongo e zuffe, nelle battute tormentone, negli occhioni che s’inzuppano, nelle fughe ortogonali.
Guardare l’Isola dei Cani è come sbirciare sotto il guscio di latta di uno di quei vecchi giocattoli meccanici, dove mille parti si agitano a ritmi diversi per restituire un movimento colorato, omogeneo e armonioso.
Eppure devono esserci da qualche parte almeno un altro paio di viti da rimuovere, perché sotto al circo peloso imbastito del regista si sente battere un timbro diverso, nascosto dalle feste spassose di cuccioli e biscotti.
Nonostante le apparenze giocose, quello di Wes Anderson è sempre un cinema di ribellione. Dalla scuola, dalla famiglia, dalla guerra, dal buon senso: in generale dal pensiero comune che spinge le persone a compiere azioni meccaniche trascinati da abitudini le cui origini si sono perse nel tempo. Automatismi trasmessi ad esempio dai frequenti inseguimenti in cui i suoi eroi scappano da chi o cosa vorrebbe reintegrarli e assimilarli.
Provate allora a sostituire i cani dell’isola con la minoranza etnica o sociale che più detestate.
Provate a cogliere le differenze tra quello che succede nella “realtà” del film e la versione “ufficiale” restituita dalla televisione di Stato: un’animazione in 2 dimensioni (priva di plastilina) che toglie profondità e un Bianco&Nero che annulla le sfumature e ripulisce i dettagli.
Forma e contenuto, allora, ma soprattutto tanto divertimento e meraviglia per le situazioni e per le invenzioni con cui i due aspetti si fondono senza smarrirsi o prevaricarsi.
E un nuovo capolavoro di quella Magia che si chiama Cinema.