The Circle

il

the circle (2)

30 aprile 2017
In un futuro distante qualche settimana, c’é questa mega ditta molto figa, che fa prodotti hi-tech innovativi come Apple, con la fissa della raccolta+condivisione dati come Facebook, e che culla i propri dipendenti fino a stordirli come Google.
Poi c’é Mae, che vien dalla campagna, é giovane giovane e tanto contenta di avere l’opportunità di lavorarci dentro.
Inizialmente sembra accusare un po’ il disagio di una condizione eccessivamente immersiva, ma i tanti benefit, tra cui la possibilità di offrire conforto e cure al padre malato, la convincono ad avvitarsi alla propria determinazione per piantarsi ben bene nel tessuto di questa azienda/comunità fino al punto di entrare in contatto con il Divino Capo, che si veste come Steve Jobs e ha le visioni di Elon Musk.
The Circle é un bel film che raccoglie in modo efficace le tante suggestioni nate dalla rivoluzione tecnologica e sociale la cui esplosione ha sparso in giro detriti e scorie.
Sebbene nessuno spunto sia veramente nuovo e originale, l’amalgama ottenuta risulta fluida e convincente, proponendo invenzioni stuzzicanti e ormai prossime ma allo stesso tempo immergendo noi ipotetici utilizzatori in uno stato d’ansia permanente.
Da una parte l’Internet delle Cose, gli indispensabili Social Media, la capillarità del Mobile.
Dall’altra lo scioglimento della Privacy, l’influenza nella Politica, l’estensione del Controllo.
Il punto di vista proposto é ovviamente critico verso la deriva ipertecnologica e l’entusiasta cecità con la quale più di una generazione rinuncia ad essere persone e cittadini per fondersi in queste specie di tribù di fanatici la cui influenza travalica i confini delle nazioni.
Sicuramente quest’ansia di perdersi nello sciame, smarrendo privacy e individualità, é la sensazione che più ti resta addosso dopo la visione.
Eppure il film non diventa mai pesante, ma resta sempre godibilissimo grazie ad una confezione davvero ben curata: la scelta di invadere lo schermo con i messaggi colorati dei social, così come il design dei loghi nelle presentazioni dei nuovi prodotti, ruba l’occhio, aggiungendo significati al racconto senza appesantire la narrazione e distraendo per un attimo dagli aspetti più ansiogeni.
La stessa idea rassicurante di familiarità e comfort arriva dagli attori, Emma Watson sembra sempre disegnata con la matita ma è molto brava a trasmettere il disagio ed i piccoli imbarazzi di una millenial alle prese con una roba molto più grande di lei, mentre Tom Hanks finalmente esce dal ruolo di Zio d’America e regala una bella prova dominando la scena con sicurezza e mano ferma.
In conclusione, anzi, è proprio la buona scelta del cast a dare al film quel qualcosa in più che lo liberi dall’impressione di essere solo una puntata espansa di Black Mirror (sempresialodato).

 

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