Mal di Pietre

il

mal di pietre (2)

20 aprile 2017
Una famiglia accompagna il figlio a un concorso pianistico a Lyone. Sulla strada la moglie trasale all’incrocio con una via che la riporta indietro nel tempo, ad una ventina d’anni prima quando, irrequieta adolescente, tribolava e faceva tribolare, trascinata da pulsioni vitali più o meno psicosomatiche che nessuno era in grado di interpretare e gestire. Da ragazza venne quindi incastrata in un matrimonio di comodo, sperando che forzarla alla stabilità potesse avvicinarla ad una qualche guarigione o, alla meno peggio, salvasse almeno le apparenze.
Seguirono anni di assestamento, in cui moglie e marito impararono a conoscersi e a tollerarsi ottimizzando i benefici della situazione facendo di necessità virtù: lei lasciò la Provenza, liberandosi della casa paterna e del villaggio natio, lui, una specie di san giuseppe spagnolo in fuga dai franchisti, colse le opportunità previste dall’accordo e grazie al suo lavoro ed all’aiuto dei suoceri realizzò un’impresa edile che fece presto fortuna.
Raggiunta una certa stabilità familiare ed economica, la coppia decise di affrontare i problemi fisici della moglie affidandosi alle cure di una clinica svizzera dove la donna conobbe il Malaticcio…
Sostanzialmente si tratta di un melò, quindi sentimenti, situazioni, caratteri e personaggi portati all’estremo.
Tutto si regge e gira attorno a Marion Cotillard che continua a non sbagliare un colpo. La sua carriera vive un momento felicissimo e scegliere un film come questo poteva essere un rischio, perché sulla carta c’erano parecchie cose che avrebbero potuto andare storte: la storia non è granché, il melodramma è un genere che può annoiare in un attimo se non ben gestito, e anche la regia resta sempre sul didascalico, limitandosi a scelte classiche ed a filmare location stupende (i campi di lavanda in fiore, le alpi svizzere, il borgo di pescatori) che con la loro quieta bellezza dovrebbero contrastare le turbolenze negli animi dei protagonisti, anch’essi apparentemente impassibili. Invece il film riesce a trovare una sua dignità – e a vincere anche dei premi – grazie alla prova della Cotillard che davvero non si risparmia, concedendo senza malizie eccessive il suo talento ed il suo corpo senza età – mai vista così liscia – riuscendo comunque a restituire momenti piuttosto sensuali. Di più sarebbe stato troppo, di meno non sarebbe bastato.
Al di là della prova eccellente della star però, il film non riesce a diventare qualcosa per cui ne valga la pena, girato sempre con lo stesso tono, non cambia mai direzione e anche quando vorrebbe non riesce mai ad intrigare lo spettatore. Così due ore diventano lunghe e aspetti la fine per una conclusione che avevi già intuito da una quarantina di minuti.
Senza infamia e senza lode.

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