9 aprile 2017
Il primo tizio arriva ad Helsinki in nave, nascosto dentro un carico di carbone, per i primi dieci minuti del film va in giro tutto nero come nei cartoni animati. Scappa da Aleppo, vorrebbe asilo politico, finisce in un centro di accoglienza. La sua storia non fa ridere.
Il secondo tizio vive nella stessa città e si è stancato, di vendere camicie, della moglie e della vita che ha sempre fatto.
Molla tutto, fa su gli stracci e si adopera per aprire un ristorante. La sua storia fa molto ridere.
Ovvio che i due tizi incroceranno le strade, e che il dramma e la commedia tenderanno a mischiarsi, pur non arrivando mai all’inversione dei registri.
Aki Kaurismäki è sempre lui, con un ritmo tutto suo muove personaggi imperturbabili all’interno di ambienti fortemente caratterizzanti. Le scenografie ed i tagli di luce suggeriscono quello che al volto degli attori è proibito dire.
La sciatteria di tante location specchia la società che si lascia vivere addosso senza curarsi di correggere le proprie storture. Personaggi più poveri – per carattere o per temporaneo stato d’animo – si arrangiano con arredi spogli, sedute scomode, soprammobili improbabili. Chi invece porta dentro di sé una luce o una forza, può fregiarsi di accessori più eleganti e inquadrature più curate, cesellate come quadri di Hopper, al cui spirito di sospensione il regista guarda con attenzione.
La versione doppiata presenta diverse parti recitate in inglese con sottotitoli in italiano. In pratica è doppiata la lingua locale, mentre – secondo le indicazioni del regista – è rimarcata la presenza dell’inglese come lingua franca. Questo accorgimento torna utile nell’evidenziare la lingua biforcuta delle istituzioni europee rispetto a quella più rude ma diretta del “paese reale” che fa i conti ogni giorno con i frutti di regolamenti arruffati e distratti.
Il rifugiato racconta attraverso un interprete la sua storia ad un funzionario, e con questo gioco della traduzione il regista costringe lo spettatore ad ascoltare le stesse cose due volte, parola per parola; ripetendo l’effetto dei telegiornali che da anni, ogni giorno, raccontano le stesse storie di fuga, paura, distruzione e speranza, senza per altro riuscire a scalfire più di tanto la nostra coscienza.
Con lo stesso sarcasmo Kaurismäki infila il parallelo tra le dichiarazioni ufficiali di circostanza e gli effettivi provvedimenti che (non) vengono presi.
Ma al di là di certe amarezze, il titolo del film è “L’altro Volto della Speranza” e si tratta sostanzialmente di una commedia, certo con dei tempi ed un aspetto particolari, ma capace di far davvero ridere sia con ammiccamenti tra le righe, sia attraverso vere e proprie gag giocate sulle situazioni e sui dialoghi che si fanno improvvisamente brillanti.
Se riuscite ad avere un po’ di pazienza, guardatelo 🙂