6 gennaio 2017
Dev’essere difficile fare film in Iran.
Dev’essere ancora più difficile farli bene come fa da tempo Asghar Farhadi.
Difficile perché se devi passare le maglie della censura del tuo paese per essere distribuito, e se devi evitare di urtare la sensibilità della tua gente per non essere arrestato e braccato, il ventaglio delle storie che puoi raccontare e dei modi in cui puoi farlo si chiude drasticamente.
Così Farhadi si ingegna ad innestare le sue storie con i toni del giallo e della suspence, scovando nella cronaca spicciola episodi anche gravi ma appartenenti sempre alla quotidianità più banale e “normale” possibile. Nei suoi film è difficile che si vedano mullah o fanatici o guardie onnipresenti e soffocanti. Piuttosto vedremo persone comuni, appartenenti alla classe media iraniana, alle prese con le difficoltà di una società e di un sistema che costantemente li controlla e ne condiziona in modo più o meno indiretto i comportamenti.
In questo caso si comincia con un palazzo del centro che deve essere evacuato perché un’azienda di costruzioni lo sta facendo crollare con tutti i condomini dentro. Tra di loro, Emad professore in un liceo e la moglie Rana, che impegnano le serate come attori nell’adattamento di Morte di un Commesso Viaggiatore di Arthur Miller. La coppia deve quindi trovare al più presto una nuova casa e vengono ospitati nell’appartamento di un amico che si è recentemente e bruscamente liberato. Qualche giorno dopo una violenta aggressione sconvolge la vita dei due innescando una caccia al colpevole che, dovendo schivare le convenzioni e le insidie di una comunità vincolata a consuetudini poco più che tribali, si rivelerà una vera e propria corsa ad ostacoli.
Attraverso i toni del thriller, dunque, Farhadi costruisce un’altra delle sue trappole perfette, seminando indizi e posizionando per bene tutte le sue cosine fino a quando non decide di tirare i fili e far scattare il congegno. Nel frattempo, quasi senza accorgercene, ci accompagna per una Teheran piccola dove la gente mormora e le guardie è meglio lasciarle stare se non vuoi peggiorare la tua situazione, in cui i pregiudizi pesano più dei fatti e l’onore vale più della felicità.