10 dicembre 2017
Recupero in extremis di una pellicola che istintivamente avevo relegato fra le seconde o terze scelte.
In effetti la banalità del titolo che si porta dietro si riflette piuttosto coerentemente nella confezione di un giallo senza pretese, sia sul piano della trama che degli aspetti tecnici.
In un borghetto trevigiano, la morte di un celebre e carismatico vignaiolo, e gli eventi misteriosi che seguono, coinvolgono il bambinesco ispettore Stucky, un gigante buono, goffo ma ostinato, determinato a non chiudere il caso fino a quando ogni aspetto non sarà davvero chiarito. L’ispettore lo fa Battiston, che pur confermandosi in una recitazione sensibile e attenta ai dettagli, nonostante cerchi di aggiungere al suo personaggio sfumature assenti nella sceneggiatura, non riesce a infrangere la gabbia dei soliti caratteristi che lo accompagnano in questo film senza pretese.
La femme fatale, la giovane straniera che flirta con l’ispettore, il capo severo ma giusto, l’attendente fastidioso, il matto del paese. Le solite cose nel solito modo. E anche il giallo non riserva poi chissà che sorprese.
Non c’è molta differenza tra questo Veneto e l’Umbria di un qualsiasi Don Matteo o Carabinieri o altre fiction simili. Cartoline di paesaggi girate magari anche con sentimento ma che sostanzialmente lasciano il tempo che trovano.
Belle viste delle campagne al tramonto, ma a me il Veneto non piace lo stesso.