Baby Driver

il

bay driver

20 settembre 2017

Sai quando salta fuori quel tipo che dice che è il figlio segreto di Pavarotti e di David Bowie?
Ecco, questo Baby Driver sembrerebbe millantare natali prestigiosi: i primi quindici/venti minuti di film ammiccano insistentemente a papà “The Blues Brothers” e a mamma “Drive”.
C’è questo ragazzino che fa l’autista nelle rapine (hai presente Drive?). Le rapine le organizza Kevin Spacey (che fa la parte di quello che ne Le Iene organizza le rapine). Lui raduna di volta in volta delle gran cartole, come Jon Hamm (Don Draper di Mad Men) o quell’altro tizio che nelle serie tv fa sempre il duro (infatti poi ha fatto anche il Punitore), o la Fighessa, oppure Jamie Foxx (nella parte del nero matto e pericoloso).
Il cinno dell’inizio comunque pare inoltre più autistico che autista, ma poi si scopre la sua lacrime strappa storia™ che spiega certe cose ma mica tutte, tipo perché si muova come un cretino scivolando a tempo in mezzo agli altri sentendosi parte di una coreografia che solo lui sa.
Tuttavia egli guida la macchina come Neymar gioca a pallone, e tutte le rapine si risolvono in inseguimenti pazzeschi, gran uau e clamorosi sbussi da tutte le parti incastrati in una soundtrack di pezzacci soul e funky.
Diciamo che questo film schiaccia parecchio il pedale della cartola, intesa nell’accezione più estesa possibile: fascino degli attori, sboronaggine delle auto, incanto delle canzoni. Più che le banche si va a rapinare l’iconografia di molti film cult sperando di godere del riflesso di glorie altrui.
Non mancano né lovestory né rese dei conti, né ovviamente momenti nostalgia, con vecchie musicassette e scaffali di vinili che affiancano disinvolti ipod glitterati e iphone sempre accesi, perché l’operazione simpatia passa soprattutto attraverso la musica, che pervade l’animo del Baby Driver e ne dirige i passi sciolti.
Il gioco è palese, per carità, non c’è nulla di malizioso o di nascosto, solo la voglia matta di una rumorosa ricerca del divertimento in un film fracassone ma in fondo nemmeno male, che cerca di equilibrarsi tra scene d’azione davvero ben fatte e gli istrionismi di un cast extra-lusso, dove Kevin Spacey giganteggia anche nel cazzeggio e Jon Hamm regge bene il confronto (e ritrovare il vecchio Don è sempre un piacere).
Sarebbe stato sicuramente meglio con dei dialoghi meno scemi, invece a parte quei due, è sempre un “cazzo di qua e cazzo di là” e non ci si sposta mai tanto dal “ehi tu porco levale le mani di dosso!”. Però va così, certe cose sono esagerate bene e certe cose sono esagerate male. Dovendo tirare le somme si fa fatica a dire, perché la parte di Jamie Foxx è veramente pesante da sopportare, ma il lavoro degli altri alla fine resiste e di riffa o di raffa il film lo portano a casa.
Un po’ come quel tuo amico che ogni tanto tira a fare troppo il simpatico ma poi alla fine ci esci lo stesso.

 

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