12/09/2007
È il film SU (soprattutto sulle canzoni di) Bob Dylan. Né DI Bob Dylan, né CON Bob Dylan. Interessante esperimento sulle diverse nature di una persona/personaggio. Sul cambiamento e sulla tradizione, sulla contraddizione e la coerenza, la ricerca della libertà e l’impossibilità di sentirsi liberi. Il regista lavora più che altro sul personaggio Dylan, sulla maschera. Mi ricorda molto il lavoro fatto da Gus Van Sant su Kurt Kobain in Last Days. Anche lì la poetica era sull’icona, non sulla biografia dell’artista.
Non è un film eccezionale, ma è divertente, alcune scene sono prese pari pari da Fellini, altre inquadrature sono tipicamente “tv anni ’80”, altre ancora hanno i colori tipici degli anni ’70.
C’è la volontà di mischiare le carte e raccontare storie diverse, di persone diverse che compongono lo stesso personaggio. Così come la nostra realtà non è ciò “che è” in sostanza, ma ciò che percepiscono i nostri sensi, allo stesso modo la natura di un personaggio è delimitata da quello che arriva al suo pubblico. È il pubblico che “decide” cosa passerà alla storia di un personaggio. Con quali valori e con quali eccessi. Ma la “vera natura” – se mai esistesse – di tale personaggio, non è dominio di nessuno, neanche dei suoi familiari più stretti. Tutto è influenzato dalla sovraesposizione e dalla critica alla sua opera e a ciò che si conosce della sua vita.
Insomma, menate filosofico-esistenziali a parte, è un film che, pur non essendo un capolavoro, mi ha lasciato delle sensazioni piacevoli. A differenza degli ultimi che ho visto. Più “impegnati” forse, ma più pesanti. Impegnarsi o non impegnarsi? Insegnare a vivere o vivere?