05/10/2007
Non ho visto molto di Ken Loach in realtà, ma conosco il genere e di favole non ne racconta. Invece racconta una storia di imprenditoria. Dove la protagonista, stanca di essere sfruttata e ingannata, spinta da un desiderio di rivalsa, si ribella al sistema e prova a guadagnarsi il suo posto al sole. Ma il sistema non si batte, ha regole spietate e disumane che costringono ad essere spietati e disumani. Ma abbandonando la retta via si scivola nel solco tracciato dal profitto e dall’avidità. Il film si chiude come si è aperto, un circolo vizioso in cui la protagonista si perde pian piano, colpevole delle sue scelte. Maggiormente colpevole perché perfettamente a conoscenza delle conseguenze delle sue azioni. La denuncia del film è sull’ineluttabilità della perdita dell’innocenza in luogo del raggiungimento di uno status sociale che pare essere il fine per il quale si giustificano tutti i mezzi. La cosa più triste è che probabilmente è così.
Ne esce un film solido, duro. Molto asciutto, ma senza essere secco. E poi è ambientato a Londra. E già la cosa mi scalda il cuore.