Carlo è un giovane ed affermato dermatologo, vedovo da un anno. La moglie Melissa è morta dando alla luce Sofia.
Carlo si trova ad occuparsi della bimba in un momento in cui, oltre al dolore per la perdita e all’elaborazione del lutto, deve fare i conti con un groviglio di emozioni represse nel tempo. Un rovo nel quale è imprigionato e dal quale non riesce a vivere la propria vita in modo emancipato. Si lascia infatti troppo spesso condurre dalle decisioni di chi gli è vicino. Dai genitori che si fanno in quattro per lui, dagli amici che non lo lasciano solo, dai colleghi che si preoccupano di rimediargli appuntamenti per ripristinare la sua vita sociale. Questa condizione viene però turbata dall’arrivo di Camille, conosciuta per caso, corpo estraneo al microcosmo di Carlo, che per lei, forse, riuscirà a scuotersi.
Per gran parte del film, ho avuto la sensazione di trovarmi davanti ad una perla. Un oggetto piccolo e prezioso, perfetto e solido. un guscio che racchiude un conflitto tra potenti emozioni. Il rimpianto e la speranza, la delusione ed il dubbio, la paura ed il coraggio. Tutte amplificate, nella concentrazione a cui sono costrette dalla dimensione quotidiana e ravvicinata della vicenda.
I primi piani stretti accentuano l’empatia verso il protagonista e la storia. Ho apprezzato molto la scelta del regista di non scadere in una narrazione invadente. I particolari del recente passato di Carlo vengono svelati naturalmente, attraverso dettagli rilasciati con sapienza. Una rarità ormai, in un cinema in cui si preferisce delegare al flashback il compito ingrato di riassumere e spiegare.
Ho apprezzato di meno, invece, il fatto che in questo film siano tutti giovani ricchi e belli. E chi non è giovane è saggio ed affettuoso, e chi non è ricco, comunque lo sarà. Diciamo che l’immedesimarsi nei personaggi non viene certo immediato. Ma si tratta, probabilmente, di un rischio calcolato, un espediente deciso per garantire quel minimo di leggerezza senza la quale la pellicola sarebbe risultata oltremodo cupa.
Gli attori e la regia, dunque, se la cavano dignitosamente. Ad eccezione di poche cadute di tono, il film appare fatto con la testa e con il cuore. Verso il finale, però, cerca di strafare, trasformandosi forse in qualcos’altro, rincorrendo una sfumatura poco chiara. Più nobile forse? Più eroica? Di sicuro superflua. Perché per raggiungere questo qualcosa in più, rinuncia ad un’armonia che aveva già conquistato. Ma il film non aveva bisogno di snaturarsi per essere bello. Questo è un peccato, quindi. È come una perla che vuol essere un fiore.