Che – L’Argentino + Guerriglia

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L’Argentino
Nel 1956, Ernesto Guevara, argentino, si unisce alla banda di Fidel Castro con l’obiettivo di rovesciare la dittatura di Batista a Cuba e di far trionfare la giustizia rivoluzionaria. Inizialmente arruolato come medico, ben presto si distingue per le sue capacità in combattimento. Impavido, determinato e rigoroso, il comandante chiamato Che, diviene il faro morale dei suoi uomini ed il braccio destro di Castro nella sua lotta. Al suo gruppo vengono affidate le missioni più delicate ed al suo carisma il compito di accendere gli spiriti dei guerriglieri.
Questa prima parte del film scandisce le tappe della rivoluzione a Cuba, dal ‘56, anno dello sbarco del primo manipolo di combattenti, al ’59, data della fuga di Batista da L’Havana. Parallelamente alla cronaca militare, viene raccontato l’intervento di Guevara all’ONU nel 1964. Su questi due binari scorrono gli aneddoti che sottolineano l’inflessibile dedizione alla causa e la profonda consapevolezza delle teorie socio-politiche del Che. La ferma convinzione che solo la lotta armata può sovvertire il potere imperialista, e l’ideale cristiano di chi si cura del prossimo più di se stesso e si mantiene retto anche nelle occasioni più scivolose.

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Guerriglia
Celebrata la rivoluzione ed innescata la riforma, Guevara rinuncia nel 1965 al suo ruolo politico di Ministro dell’Industria, per riprendere le armi e perseguire il sogno di portare la lotta socialista in tutti gli stati del Sudamerica. Deciso a ripetere l’esperienza cubana, si mette quindi a disposizione della causa boliviana, prendendosi la briga di addestrare un gruppo di rivoluzionari nelle tecniche militari e nei principi fondamentali della guerriglia e della rivoluzione. Ma la sua platea par essere composta di pellegrini senza arte né parte, con poca propensione al sacrificio e sprovvisti delle motivazioni necessarie per lottare fino alla fine.
Se lo spirito cameratesco del primo film cavalca l’onda del sogno e del successo, il secondo si presenta subito come una malinconica e dolorosa marcia verso il massacro.
L’esperienza boliviana fallisce per la differenza sostanziale dei presupposti e delle circostanze. Alla pochezza militare e strategica dei ribelli, va aggiunta l’ostilità di un territorio che non offre quel consenso popolare così prezioso quando la disparità di forte si fa così evidente. Perché la lotta boliviana non nasce dalle masse, ma dall’utopia di pochi e dall’esempio che proprio il Che e Castro hanno dato al mondo pochi anni prima. Così il tentativo rivoluzionario passa anche per la sterile opera di convincimento verso i contadini e verso le forze politiche di opposizione, che però non paiono mai convinti davvero e che per questo lasciano i soldati alla mercé di se stessi, alle prese con un esercito che, allertato dai precedenti, si affida all’appoggio degli Stati Uniti per organizzare tattiche e controffensive capaci di soffocare la lotta e annientare il nemico.
Nel contesto di questo sfacelo, la figura del Che appare ancor di più ammantata di un’aura mistica e fatale. Il sacrificio fisico e mentale, la malattia, gli sforzi vani, l’attitudine messianica a divulgare il verbo della rivoluzione, la sconfitta che ineluttabile l’attende. Tutto contribuisce a tratteggiare l’icona di un Eroe le cui analogie con Gesù Cristo non si contano.

Che Guevara, Benicio Del Toro, Soderbergh. Le aspettative erano alte, altissime. Il risultato lascia perplessi.
Quantomeno curiosa la scelta del regista, che gira un film volutamente lento, a tratti faticoso, immergendo lo spettatore nel disagio e nell’affanno dell’impresa militare e storica senza attingere a quella sfera epica che i più si sarebbero attesi. Una scelta eccentrica, se vogliamo, poco felice, probabilmente, perché nonostante non si possa certo accusare Soderbergh di non aver amato il progetto, alla fine il film non arriva. Davvero un peccato, perché tutto appare realizzato a regola d’arte, le inquadrature, la fotografia, i colori, tutti aspetti curatissimi, testimoni di un rispetto profondo e convinto per il personaggio e per l’uomo Guevara. Sopra di tutto, punta d’eccellenza, le interpretazioni maestose di Benicio Del Toro e di Demiàn Bichir, nati per questo ruolo, capaci di nascondersi e annientarsi per lasciare corpo sangue e voce all’anima del Che e di Castro. Tanti elementi pregevoli dunque, tanti quante le possibilità sprecate, per un film comunque da vedere, fatto con attenzione e girato con stile, che propone una cronaca fedele delle vicende, e che però manca di quella passione, fatta ribadire più volte al suo protagonista, che lo stesso regista pare inseguire, frenato, sembra, da un sentimento timoroso, una sorta di pudore reverenziale che qualche maligno potrebbe imputare alla volontà di non celebrare ulteriormente un eroe e un ideale di giustizia di cui in questi tempi si sente tanto il bisogno.

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