29 dicembre 2016 ·
Paterson, che non si capisce se sia il nome o il cognome, abita in una città che si chiama Paterson e guida la linea 23 dell’autobus.
Insieme alla sua ragazza, che è un bacino, vive una vita che sembra una specie di cartolina. Si sveglia senza una sveglia, bacini alla sua bella, colazione col latte e i cheerios e si va al lavoro a piedi col cestino del pranzo sottobraccio.
Paterson ha una passione fortissima per la poesia. La legge, la scrive, ne è pervaso al punto di attraversare le giornate all’erta, nella costante ricerca dell’armonia e della bellezza che lo possa ispirare. E forse la sua vita somiglia ad una cartolina perché così è come la vede lui. La sera torna a casa, saluta e un po’ sopporta la sua compagna che non lavora e che inganna il tempo dipingendo e pitturando la qualunque. Poi porta fuori il cane e si fa una birretta al bar sotto casa. Tra i passeggeri di giorno ed i clienti del bar la sera, intercetta la vita che gli succede accanto sempre attento a coglierne le parti più preziose.
Tra gli ultimi film di Jim Jarmusch questo è quello che mi è piaciuto di più. Le intenzioni sono semplici come lo è la storia, scandita nel tempo di una settimana che si perde e si ripete tra le piccole cose che possono venire trascurate oppure rivelare piccole meraviglie di umanità. Il regista di Taxisti di notte e di Daunbailò si è di certo raffinato dai tempi degli anni ruggenti ma ha anche rinunciato alla pretenziosità di certe ultime cose che a volte hanno mancato il bersaglio.
Nel film non succede granchè, e non è che sia nascosto un messaggio particolarmente accattivante o innovativo, però diverte con gentilezza e vuole farti stare bene. Una carezza e un abbraccio per una sera d’inverno.